Vorrei scrivere in dettaglio chi sono, in quale azienda lavoro, cosa faccio, e qual è il mio ruolo… Anche se avevo protetto il blog con una password, non posso divulgare queste informazioni, altrimenti qualche parassita legale si attacca come un moscone sullo sterco.
Preferisco dire che non sono nessuno. Anzi, forse non è proprio una bugia; sono un illuso, forse un idealista; un idiota che sogna ad occhi aperti; in fondo, con grande orgoglio, preferisco dichiararmi come un povero fesso che ha puntato tutto sull’onestà e l’integrità delle persone, siano essi colleghi, amici, partner o non so che altro.
Ho sempre creduto (e sperato) in tanti anni di vita lavorativa, che i raccomandati, i leccaculo, gli opportunisti, le persone scorrette, gli sciacalli rappresentassero un fenomeno marginale, poi ho dovuto ridimensionare le mie teorie; mi sono reso conto che non è così, non si tratta affatto di fenomeni marginali, ma, piuttosto, di un contesto sociale diffuso e soprattutto radicato.
Passano gli anni e cresce l’esperienza; prima stimavo, approssimativamente, che il 10% circa delle persone che ottenevano qualcosa in azienda agivano usando metodi scorretti; col passare degli anni ho capito che non era il 10% ma bensì il 50%. E con qualche anno in più ho capito che il metro per misurare le persone corrette dagli avvoltoi riguarda i successi lavorativi.
In pratica, ottenere qualcosa e lavorare onestamente rappresenta un’equazione impossibile, almeno oggi. Se ancora è in vita qualcuno che ha fatto strada senza calpestare i piedi a nessuno, appartiene al passato; oggi non è più così, e (ahimè) non ci sono eccezioni.
Lavoro in un’azienda grande, tra le più grandi in Italia, e sono assegnato al centro elaborazione dati di quest’azienda; nello specifico, si tratta di un micro-mondo un pò distaccato dal resto dell’azienda. Ho poco più di trent’anni e ci lavoro da quasi una decina d’anni: ho visto fusioni tra aziende, incorporazioni, cessioni, migrazioni informatiche, fatte e subìte, e più l’azienda è cresciuta, più ho perso il filo sul senso di ciò che noi, nel nostro piccolo, facevamo.
Il “grande capo” che gestisce tutto questo punta il 100% delle sue energie sul “social networking”; l’ennesima americanata che non sta in cielo nè in terra, crede nella comunicazione tra le persone e fa di tutto per creare un ambiente di persone “felici”… e fin qui niente di strano, anzi, è addirittura da annoverare come un’iniziativa lodevole…
Il problema riguarda il contesto, e i modi: la classe politica, giustamente bersagliata a destra e a manca, non riesce ad immedesimarsi nei problemi della gente comune. Qui, il contesto è diverso, ma il problema è assolutamente identico. Ma se il problema fosse solo quello, tutto sommato, non è un vero e proprio disastro. Il guaio è che dall’alta dirigenza gli sforzi sono orientati SOLO ed ESCLUSIVAMENTE verso questa priorità. Ed ecco che arriva il “democratico” BLOG DELLA DIREZIONE, dove chi scrive male viene etichettato senza possibilità di replica, un “progetto” (che non capisco in cosa consiste) dove si cerca di motivare il personale facendo leva su aneddoti fantascientifici o metafore paragonabili ad imprese epiche (e fa ridere pensare che -comunque- si tratta solo di impiegati che lavorano con la testa nel monitor…). Per “gasare” la gente (e, ahimè, in tanti ci cascano) si usano anche altri metodi: sms sui cellulari aziendali, e-mail che descrivono semplici attività d’ufficio come imprese titaniche, pagine intere, pubblicate sulla intranet aziendale, dedicate alle “incredibili sfide” che ogni giorno affrontiamo… Eccetera, eccetera e TANTO eccetera ancora.
Questa è l’immagine della classe dirigente che abbiamo: gente che straguadagna e che siede nel suo bell’ufficio, opportunamente distaccato dalla “massa”; gente che non ti rivolge la parola ma che -per una sorta di “democrazia imposta”- pretende che ci si parli col “TU”. Tutti, nessuno escluso. Gente che fa lavorare società esterne, dove ci sono interessi nascosti e palesi (alla faccia dell’incompatibilità contrattuale) ma se qualcuno solo accenna una cosa del genere subisce conseguenze disastrose. Gente che inventa un’attività lavorativa dalla sera al mattino, che non ha un senso, che non ha uno scopo, ma che serve a dimostrare che “siamo forti, siamo belli, siamo uniti”, e soprattutto, fioccano fatture milionarie alle stesse società di consulenza. Gente che anzichè valorizzare le persone che lavorano all’interno (e sono tante) delega tutte le scelte strategicamente più influenti a società esterne, società che “ringraziano” con un bel pò di pacchetti azionari. Gente che, da queste società esterne influenti, assume consulenti, con chiamata diretta, collocandoli in ruoli dirigenziali, scavalcando tutti gli interni, alla faccia della carriera guadagnata col sudore della fronte.
Una gran bella facciata, insomma. Un gran bel biglietto da visita: come una bistecca; è buona, ma solo chi ha visitato un mattatoio sa come è finita nel piatto.
Di questa realtà, io ne faccio parte. Ho uno stipendio fisso, grazie al cielo; sto tranquillo dal punto di vista economico e mi si gela il sangue quando sento le condizioni lavorative di tanti precari. Ma, spero sia apprezzata la mia sincerità, con tutto il rispetto verso i precari mi vergogno ogni giorno di più per questo baraccone teatrale; potrei fregarmene e pensare esclusivamente al mio tornaconto. Potrei ragionare da egoista e badare al mio stipendio, che oggi è un vero e proprio privilegio; provo a parlarne e scriverne nei limiti che mi permette la sottile linea rossa della querela e della censura.
Non so gli altri cosa preferiscono scegliere, ma almeno un pecorone ha deciso di lasciare il gregge perchè ne ha piene le tasche ed è stanco di restare deluso perchè spera che il mondo possa essere migliore di ciò che sembra. Per gli altri provo una grande pena, e qualche mente più “acuta” (istituzionalizzata) addirittura è convinta di suscitare ammirazione…
(dal blog “Pensieri, Parole, Opere, Omissioni”, Maggio 2008)